La differenza tra Stepchild Adoption e “Utero in affitto” for dummies. Perché bisogna avere voglia di informarsi e anche di essere civili.

Oggi è stata una giornata infausta per la civiltà.

 Tanta gente che si dice preoccupata per la propria famiglia e solitamente non alza un dito per chiedere più servizi, incentivi, asili nido o spazi verdi per la propria pargolanza, oggi ha speso soldi (spesso quelli della parrocchia) ed energie per opporsi ai diritti altrui. Siccome non hanno argomenti se non la loro omofobia e sono molto contrariati del fatto che l’omofobia stia diventando riprovevole socialmente (come il razzismo per dire), si stanno accanendo sul ddl Cirinnà buttandola in caciara.

 Il ddl Cirinnà prevede infatti la cosiddetta Stepchild adoption, ossia l’adozione del figlio del compagno. Adozione che non è né adozione di bambini da orfanatrofi e neanche ladrocinio di bambini a padri o madri già esistenti e derubati della propria figliolanza. 

I fanatici per terrorizzare genti che non hanno nessuna voglia di interessarsi alla questione, ma si traggono dal loro sonno degli indifferenti solo quando sentono il pericolo, vero o presunto che sia, hanno iniziato a dire che nel ddl c’era l’Utero in affitto. Passino le lesbiche che hanno un utero, infatti, ma due uomini, come mai potranno procreare?

 Possono. Hanno un apparato riproduttore anche loro e, esattamente come le lesbiche, possono usarlo all’occorrenza. Inoltre esistono i bisessuali e sì, anche i padri single, per vari motivi: donne che non riconoscono i figli o magari, accade anche questo ahimé, sono morte.

In ogni caso, per spiegare la differenza tra stepchild adoption e utero in affitto (il primo previsto dal ddl il secondo NO), ho deciso di approntare un fumetto per spiegare la differenza, for dummies. Forza ce la possiamo e ce la potete fare.

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Certe cose sono importanti. “Stati civili”!

E’ un bel po’ che non posto niente, ma ecco che torno di gran carriera con una vignetta frutto dell’involontario ingegno dell’amica che appare con me nel fumetto.

 Non stupitevi dei nomi che ho messo, non sono quelli delle nostre amiche, ma, nella loro assurdità ci somigliano molto. Non ho mai sentito tanti nomi strani come nell’ultimo anno e mezzo.

Comunque, per citare il mio altro blog: Cose realmente avvenute! Lo giuro! “Stati civili”!

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“La tessera della Lobby Gay”, un fumetto di denuncia per gridare al mondo la verità! Ecco come funziona, chi decide come si entra e a quali privilegi, sconti e convenzioni dà diritto.

In questi giorni, grazie a Bruno Vespa, anche gli italiani che erano sfuggiti a questa fondamentale notizia, sono venuti a conoscenza di un segreto che tutti noi gay e lesbiche giuriamo di mantenere sin da quando, in culla, ci viene consegnato il nostro primo boa di piume di struzzo (ai maschi) e la nostra chiave per il camion (alle femmine): l’esistenza della Lobby Gay.

 Orgogliosi eredi della Carboneria, Massoneria e svariate altre -ia, anche noi tramiamo nell’ombra per conquistare il mondo, cosa che, per inciso, ci riesce particolarmente bene in Italia, luogo dove non abbiamo uno straccio di diritto e non esiste manco una legge contro l’omofobia.

 Un esercizio del potere quindi, talmente tanto mysterioso e criptico, che certe volte sfugge persino a noi.

 Ma del resto chi mai sospetterebbe che in Italia esista un gruppo di potere così forte da riuscire a condizionare le decisioni di uno stato laico, uno vero stato nello stato talmente potente da spuntare privilegi (tra i quali esenzioni fiscali), ore di insegnamento non richieste nelle scuole pubbliche e finanziamenti per istituti privati ove si segue il programma deciso del ministero, ma a modo proprio?

 Chi mai potrebbe avere il vago sospetto che se una lobby c’è non è quella gay?

 Io no di certo! Non guardate me! Anzi, per dimostrare al mondo che la lobby gay esiste eccome, ho deciso di tradire la causa e svelare al mondo intero come funziona il nostro tesseramento e a quali privilegi, sconti e convenzioni dà diritto.

 Il mondo deve sapere!

 “La tessera della lobby gay”, un fumetto tutto per voi.

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L’utero delle lesbiche. Un fumetto didattico ad uso degli etero in pieno delirio che dimostra come, quando e dove anche le donne lesbiche siano perfettamente in grado di generare un bambino (proprio come le etero!).

Ed ecco che dopo sostanzialmente una stagione, torno a postare allegramente qualcosa.

 Questa estate non è passata invano, mentre il ddl Cirinnà sta avendo un ostruzionismo indecente da parte di chi non ha ancora capito che far finta che dei cittadini dello stato non esistano, non farà sì che questi cittadini scompaiano, i vari cattolici estremisti hanno avuto momenti di gloria (la storia vi ricorderà, e non bene). Come? Propugnando ovunque quella calunnia del “gender”, teoria inventata quanto i protocolli dei savi di Sion e, secondo me, altrettanto pericolosa.

 In tutto ciò sento dire da più parti che i gay e le lesbiche (principalmente i gay perchè le lesbiche, si sa, non esistono, come il Molise) ruberebbero i figli a qualcuno in un tale delirio da costringere i genitori etero a fare manifestazione per “difendere i propri figli”.

Desiderosa di rassicurare questi solerti genitori probabilmente confusi sul modo in cui si possono fare dei bambini, ecco che ho spadellato questo fumetto dal titolo “L’utero delle lesbiche”.

 Temo che molti non sappiano che sia gli uomini gay che le donne lesbiche (esattamente come gli etero) possiedono un sistema riproduttivo perfettamente funzionante e che, all’occorrenza, fanno funzionare, senza ladrare figli dalle culle degli etero, in pieno uomo nero style.

 Bambini dormite sonni tranquilli! Come vedrete di seguito i nostri uteri funzionano benissimo!
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“Gay Apocalypse” e #KeCaso: il cortometraggio e l’hashtag del Gruppo Donna dell’Arcigay Milano in occasione della Pride Week MIlanese!

Ieri ha avuto inizio la Pride Week milanese.

 Per lanciarla, l‘Arcigay Milano ha usato un cortometraggio prodotto questa primavera dal Gruppo Donna della sua sezione. Esso ha nome “Gay Apocalypse” e svela finalmente le nefandissime conseguenze dell’eventuale approvazione delle unioni omosessuali in Italia.

 La prima delle quali è chiarissima: l’apocalisse totale.

Sempre il Gruppo Donna ha poi lanciato un hashtag sia su twitter che su fb:#KeCaso #KeepCalmAndStopOmofobia

 Vi lascio le modalità di partecipazione se qualcun* vuole unirsi con una foto, una frase, un tweet e qualsiasi altra cosa social!

‪#‎KeCaso‬ LA NUOVA CAMPAGNA DI ARCIGAY MILANO – GRUPPO DONNA

Come partecipare?

STEP 1: scatta una foto di te, di un tuo amico, di un paesaggio, di un momento che ti colpisce o ti diverte.

STEP 2: postalo sulla pagina Arcigay Milano – Gruppo Donna con l’hashtag #KeCaso e la versione estesa ‪#‎KeepCalmAndStopOmofobia‬

STEP 3: Condividila con tutti i tuoi amici e invitali a partecipare. Festeggiamo insieme la Pride Week, perchè…#KeCaso siamo uno degli ultimi paesi europei a non riconoscere diritti alle persone LGBT! Ma solo sorridendo possiamo tener viva battaglia. E allora #KeepCalmAndStopOmofobia

“Il mio pride”, un fumetto sul pregiudizio che ogni anno tocca combattere su questa manifestazione. Le piume di struzzo sono davvero IL problema? Una risposta a base di alpini, Atalanta, famiglie, Cuccarini, gioia, glitter e Resistenza!

Ormai da due o tre settimane, come saprete, è iniziata l’Onda Pride, ossia la serie di gay pride che attraversano tutta Italia fino più o meno a metà agosto.

 Come ogni anno sono cicciati fuori i soliti interrogativi e problemi su una manifestazione che, probabilmente, in questa Italia semiaddormentata, negli ultimi anni è rimasta l’unica a chiedere qualcosa di concreto in tema di diritti.

Ma andiamo con ordine.

 Problema 1):

 I media danno un’idea dei Pride non verosimile. I giornalisti vanno ai gay pride e fanno foto pure i sassi, ma, misteriosamente il giorno dopo le gallery dei giornali online e i paginoni di quelli cartacei, riportano solo le foto dei movimenti pelvici di chi balla sui carri e delle trans e drag che si vestono con piume di struzzo. Certo, ci sono anche loro, ma, per farvi capire l’insensatezza di tale uso delle immagini, è come se i giornalisti andassero a vedere il derby Roma-Lazio e facessero foto solo agli asiatici presenti. Nessuno mette in dubbio che cinesi e coreani vadano a vedere le squadre della capitale, ma, a vedere gallery solo con loro presenti, un dubbio sulla veridicità di quanto riportato, verrebbe un po’ a tutti.

 Per il Pride questo dubbio non viene. Si riporta l’1% come immagine del 100% e tutti bovinamente ci credono. Un po’ sarà perché fa colore, ma ci vedo anche un modo cattivo e insensato di fare giornalismo.

Problema 2): E’ necessario chiedere diritti danzando, cantando, piumeggiando?

 Allora, ditemi una sola manifestazione a cui siete andati, da quelle per la pace a quelle per il Jobs Act in cui non ci siano striscioni, persone con frasi assurde, balli, canti, bandiere colorate e via dicendo. Ci sono al primo Maggio, al 25 Aprile, alle manifestazioni di partito, a quelle per la squadra del cuore, alla sagra del fiore di zucca fritto all’oktober fest ecc. ecc. ecc. Ci sono ovunque e sempre. Il problema di questo decoro e decenza si pone solo quando a divertirsi e colorarsi è una specifica minoranza che, a quanto pare, per dimostrare di essere degna della maggioranza, dovrebbe andare in giro conciata come hostess e steward dell’Alitalia in servizio e la faccia di una prefica al corteo funebre.

 Essere gioiosi non è solo un diritto, ma anche un modo di resistere e mandare un messaggio.

Qualsiasi cosa sia accaduta noi ESISTIAMO, lo diciamo per farlo capire a chi preferisce andare ai family day a dire supercazzolate insensate sulla difesa dei figli, alla Cuccarini che, dimentica del fatto che donne lesbiche e uomini gay non sono biologicamente sterili e possono farsi figli da soli, dice che “I figli non si comprano” (il prossimo gay che mi dice che la Cuccarini è un’icona gay lo percuoto), lo si dice per tutti quelli che al gay pride non hanno il coraggio di venirci per colpa della succitata gentaglia.

 Non si può avere paura della gioia. Se ce l’abbiamo, posso capire in che mondo viviamo?

Di cui sotto il mio fumetto sul Pride! R-ESISTETE!tav 1 per concorso  Mio Pridetav 2 per concorso Mio Pridetav. 3 concorso mio Pridetav 4 concorso Mio Pridetav 5 concorso Mio Pride

Il mysterioso fenomeno della SORLELLA: omofobia velata o tenerezza romantica cosmica? Un fumetto per comprendere.

Come ogni volta mi cospargo il capo di cenere per la scarsità del mio postaggio. Inoltre, come se non bastasse, in questi giorni ho l’umore che precIpita ogni volta che mi ostino a leggere i commenti agli articoli in internet: ogni volta che si parla di omofobia, puoi star certa che gli omofobi accorreranno in massa (ma non ha niente da fà ‘sta gente? Non lavorano? Vivono al pc?) a dire che loro non sono omofobi, MA….

 Aò, sarà che è tempo di gay pride e si sentono ispirati, che ne so.

Comunque, prendiamola a ridere (ci sarà anche il fumetto sul Pride non temete) almeno al momento con il fumetto di cui sotto. Una dissertazione profonda avvenuta poco tempo fa su quel misterioso fenomeno della SORLELLA.

Il fumetto di cui sotto mi ha costretto a dare un nom de plume alla mia dolce metà, la quale d’ora in poi sarà conosciuta come Ludovica detta Ludo e temo che dovrò inventarmi un nome anche per il mio personaggio, (mio padre ha già dato consigli al riguardo che è meglio dimenticare).

 Per rendervi più agevole la comprensione, sappiate che tra me e la mia bella corrono 30 cm di differenza, e credo due ceppi etnici genetici totalmente differenti, come mettere vicini una vichinga e un’antica romana. Eppure…

Buon fumetto con la “SORLELLA”!

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Il Gayradar, questo misterioso dispositivo naturale, esiste o no? Un fumetto di vecchiaia e settamenti.

  Il Gayradar, questo misterioso dispositivo naturale interno che permetterebbe alla popolazione gaya di riconoscersi nella massa (che insomma, checché se ne dica siamo identici al resto della popolazione) esiste o è una leggenda metropolitana?

 Diciamo che metà e metà. Ossia, non esiste nessun potere paranormale che consente ai gay di avvertire la presenza di un proprio simile in una stanza, stile medium coi fantasmi, ma con gli anni si affina una certa sensibilità nell’avvertire dei segnali. Poiché si tratta solo di prestare più affidamento alla propria intuizione, in realtà il famoso gayradar possono svilupparlo tutti, anche gli etero, solo che usualmente non lo fanno perché ne hanno meno bisogno.

 Ovviamente poiché non tutte le persone sono portate alla perspicacia, l’intuizione o l’empatia verso il prossimo, esistono gay e lesbiche con un gayradar che fa schifo (e al contrario etero infallibili).

 Ovviamente, poiché il mondo è vario, esiste sempre una percentuale di errore. Grande campo di battaglia per vedere chi lo possiede migliore, è il tentativo disperato di intuire l’orientamento sessuale dei personaggi famosi, soprattutto italiani. Visto che statisticamente non è possibile che solo Tiziano Ferro sia dei nostri, di certi qualcuno ci sta mentendo e ingegnarsi nel comprendere chi, rimane uno dei passatempi favoriti nei momenti di caxxeggio generale.

 Il fumetto di cui sotto è realmente avvenuto. Sorella minore malvagia comunque, sappi che non sono ancora così vecchia!

 “Il Gayradar” tutto per voi!

(E voi, lettori etero, bisex, gay e lesbiche, pensate di averlo o no??

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Il lesbodramma e le “Soluzioni estreme” per superarlo. Un fumetto da non prendere ad esempio.

Dopo un mese di assenza colpevolissima torno su questi schermi con un nuovo dialogo realmente avvenuto.

 Una delle leggende metropolitane più diffuse e tristemente veritiere del mondo lesbico è il famoserrimo LESBODRAMMA. Quando due donne si lasciano o sono in procinto di lasciarci spesso e volentieri ci scappano una serie di psicodrammi che coinvolgono amiche, ex, ex delle ex, famiglie, associazioni, chiunque. 

 Ogni finale rischia di diventare un dolore dall’intenso valore teatrale, con picchi degni di Eleonora Duse e del giovane Werther. Sarà perché siamo le ultime romantiche? Io purtroppo ci vedo motivazioni peggiori.

 Nel frattempo è interessante notare la quantità di idee che possono sorgere nelle tiepidi menti post rottura per superare il trauma.

 “Soluzioni estreme”, un fumetto da non prendere ad esempio.
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